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Aus der Zeitschriftforumpoenale 2/2022 | p. 81–81Es folgt Seite №81

Giurisprudenza e cambiamenti climatici

Care lettrici, cari lettori

Si è molto dibattuto l’anno scorso della DTF 147 IV 297 relativa alla condanna di alcuni attivisti per il clima per violazione di domicilio di una filiale di banca a Losanna (v. anche Tommaso Caprara in questo numero di forumpoenale a pag. 137 segg.). Notoriamente, e in contrasto con il clamoroso proscioglimento da parte del giudice di prime cure, il Tribunale federale ha negato sia lo stato di necessità esimente ex art. 17 CP che lo stato di necessità putativo ex art. 13 CP. Ma non è di questo che vorrei qui parlare. Vorrei piuttosto ricollegare, partendo dal principio dell’unitarietà dell’ordinamento giuridico, un considerando di questa sentenza ad un considerando di un’altra Corte del Tribunale federale, in quel caso chiamata a decidere sulla richiesta dell’associazione «KlimaSeniorinnen Schweiz» di emanare una decisione circa atti reali in relazione alla protezione del clima (DTF 146 I 145). Orbene, c’è un dato che emerge chiaramente ricollegando queste due sentenze, in particolare il consid. 2.3 della prima con il consid. 5.4 della seconda: anche per il potere giudiziario i cambiamenti climatici sono un dato di fatto incontrovertibile. Verrebbe da dire: ci mancherebbe altro! Ma non per questo si tratta di una constatazione banale. Il fatto che a questo punto tutti e tre i poteri dello Stato, pur consapevoli delle loro prerogative e dei loro limiti costituzionali, prendano molto sul serio i dati scientifici a disposizione e i gravi pericoli dell’antropocene, lascia intravvedere uno spiraglio di speranza, tanto più se si considera che, come scrive Barack Obama, quello dei cambiamenti climatici «è notoriamente un argomento che i governi non sanno come affrontare, poiché richiede ai politici di prendere immediatamente misure drastiche, dispendiose e impopolari per prevenire una lenta crisi nel futuro» (Una terra promessa, Milano 2020, pag. 563). Delegare il compito solo al potere esecutivo e a quello legislativo, sarebbe dunque piuttosto miope, e comunque contrario al principio dei «checks and balances». Anche il giudiziario può e deve dire la sua quando è chiamato in causa. Se il pericolo non è imminente, come dice il Tribunale federale negando lo stato di necessità, ciò non toglie che il pericolo è esistente; su questo non dovrebbe più esserci discussione e il Tribunale federale, anche tra le righe, fa bene a dirlo.

Roy Garré

Rechtsprechung und Klimawandel

Liebe Leserinnen und Leser

Im vergangenen Jahr wurde viel über den BGE 147 IV 297 diskutiert, der die Verurteilung von einigen Klimaaktivisten wegen Hausfriedensbruchs in einer Bankfiliale in Lausanne betraf (vgl. auch in diesem Heft von forumpoenale Tommaso Caprara, S. 137 ff.). Das Bundesgericht verneinte bekanntlich und im Gegensatz zum erstinstanzlichen Richter sowohl den rechtfertigenden Notstand nach Art. 17 StGB als auch den putativen Notstand nach Art. 13 StGB. Aber das ist nicht das, worüber hier die Rede sein wird. Vielmehr möchte ich ausgehend vom Grundsatz der Einheit der Rechtsordnung eine Erwägung dieses Urteils mit einer Erwägung einer anderen Abteilung des Bundesgerichts verknüpfen, die über das Gesuch des Vereins «KlimaSeniorinnen Schweiz» um Erlass einer Verfügung über Realakte im Zusammenhang mit dem Klimaschutz zu entscheiden hatte (BGE 146 I 145). Eine Tatsache wird deutlich, wenn man diese beiden Urteile miteinander verbindet, insbesondere die Erwägung 2.3 des ersten Urteils mit der Erwägung 5.3 des letzteren: Auch für die Justiz ist der Klimawandel eine unbestreitbare Tatsache. Man könnte sagen: Natürlich ist sie das! Aber das macht sie trotzdem nicht zu einer trivialen Feststellung. Die Tatsache, dass alle drei Staatsgewalten, ohne ihre verfassungsmässigen Grenzen zu überschreiten, die verfügbaren wissenschaftlichen Daten ernst nehmen und die schwerwiegenden Gefahren anerkennen, die im Anthropozän lauern, gibt uns einen Hoffnungsschimmer, zumal der Klimawandel, wie Barack Obama schreibt, eines der Themen ist, «die keine Regierung der Welt gern anpackt, denn dafür müssen Politiker jetzt teure und unpopuläre Massnahmen ergreifen, um eine langsam anrollende Katastrophe in der Zukunft zu verhindern» (Ein verheissenes Land, München 2020, S. 682). Die Aufgabe nur an die Exekutive und Legislative zu delegieren, wäre daher kurzsichtig und würde dem Grundsatz der «Checks and Balances» widersprechen. Auch die Justiz kann und muss sich zu Wort melden, wenn sie gefordert ist. Wenn die Gefahr nicht unmittelbar bevorsteht, wie das Bundesgericht sagt, indem es den Notstand verneint, bedeutet das nicht, dass die Gefahr nicht besteht; dies sollte endlich unbestritten sein, und das Bundesgericht betont das – implizit oder explizit – zu Recht.