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Aus der Zeitschriftforumpoenale 3/2018 | S. 155–155Es folgt Seite №155

Il Sessantotto e il diritto penale

Care lettrici, cari lettori,

nel 1968 Markus Imhoof girò nel penitenziario di Regensdorf un documentario dal titolo «Rondo», con il quale voleva rendere attenta l’opinione pubblica ai problemi esistenti nell’esecuzione delle pene. Ma la diffusione del film fu vietata, sostanzialmente perché le autorità non volevano che venisse messo in cattiva luce il sistema carcerario svizzero. Il divieto fu revocato soltanto nel 1975. Certo, per rapporto ad altri temi, quello della condizione carceraria e in generale del diritto penale non era uno degli argomenti trainanti del Sessantotto. Fa comunque piacere che gli organizzatori della recente mostra del Museo storico di Berna, intitolata «1968 Schweiz», non si siano dimenticati del tema, dedicando in particolare spazio alla nascita del gruppo di lavoro ASTRA (Offene Arbeitsgruppe zur Erneuerung des Strafvollzugs). Del resto, già a partire dal 1965, parallelamente ai lavori ufficiali per una «grande riforma» del Codice penale tedesco, un gruppo di penalisti di spicco cominciò ad elaborare il cosiddetto Alternativ-Entwurf, un progetto di riforma della parte generale e di determinati capitoli della parte speciale. Da questi lavori emerse, nel 1966, un progetto di nuova parte generale, che a suo modo influenzò la commissione legislativa ufficiale, facendo da contraltare al deludente progetto governativo del 1962. Con la riforma del 1969 il regime sanzionatorio venne ampiamente modificato, tra le altre cose limitando le pene privative di libertà di corta durata, ampliando il campo di applicazione della condizionale e modernizzando il sistema delle misure. L’onda lunga di quella riforma si fece sentire anche in Svizzera, seppur con decenni di ritardo, da ultimo con l’adozione della nuova parte generale, entrata in vigore nel 2007. Se la qualità di un Codice penale si giudicasse solo dal tasso di criminalità e di recidiva, dovremmo essere tutti molto soddisfatti di quella riforma: secondo le statistiche la criminalità in Svizzera è ai minimi storici e la sicurezza è oggettivamente alta. Ma allora perché questa riforma è così spesso criticata? Da dove viene il crescente rifiuto di postulati, come quello della risocializzazione e della moderazione delle pene, che dalla fine degli anni Sessanta sembravano ormai acquisiti? E siamo proprio certi che con pene più severe la vita in Svizzera sarà (ancora) più sicura? Altre esperienze, nel mondo, dimostrano proprio il contrario.

1968 und das Strafrecht

Liebe Leserinnen, liebe Leser,

1968 drehte Markus Imhoof in der Strafanstalt Regensdorf den Dokumentarfilm «Rondo». Er wollte damit das Publikum für die Problematik des Strafvollzuges sensibilisieren. Aber der Film wurde verboten, hauptsächlich weil die Behörden der Meinung waren, er werfe ein schlechtes Licht auf den Strafvollzug in der Schweiz. Das Verbot wurde erst 1975 aufgehoben. Im Vergleich zu anderen Kampfthemen der 68er-Bewegung war zwar die Problematik des Gefängniswesens und im Allgemeinen des Strafrechts nicht so zentral. Es ist aber erfreulich, dass die Organisatoren der neueren Ausstellung des Bernischen Historischen Museums «1968 Schweiz» das Thema nicht vergessen haben und dass sie sich insbesondere mit der Entstehung der Offenen Arbeitsgruppe zur Erneuerung des Strafvollzugs (ASTRA) auseinandergesetzt haben. Schon seit 1965 war bekanntlich in Deutschland eine Gruppe von prominenten Strafrechtlern mit dem sogenannten Alternativ-Entwurf beschäftigt: Parallel zu den offiziellen Arbeiten für die grosse Reform des Strafgesetzbuches wurden in diesem Kreis Entwürfe eines neuen Allgemeinen Teils und bestimmter Abschnitte des Besonderen Teils entwickelt. Der AT-Entwurf wurde 1966 veröffentlicht. Er galt als Gegenpol zum enttäuschenden Regierungsentwurf von 1962 und beeinflusste auf seine Art die amtlichen Gesetzgebungsarbeiten. Mit der Reform von 1969 wurde somit das deutsche Sanktionssystem entscheidend verändert, u. a. durch die Einschränkung der kurzen Freiheitsstrafen, die Erweiterung des Anwendungsbereichs des bedingten Strafvollzuges und die Modernisierung des Massnahmenrechts. Die Welle jener Reform war auch in der Schweiz spürbar, auch wenn erst nach mehreren Jahrzehnten, zuletzt 2007 mit dem Inkrafttreten der AT-Reform. Würde man die Qualität eines Strafgesetzbuches nur aufgrund der Kriminalitäts- und Rückfälligkeitsraten beurteilen, sollte diese Reform sehr geschätzt werden: Gemäss den Statistiken ist die Kriminalität in der Schweiz auf einem historisch niedrigen Niveau und die Sicherheit ist objektiv hoch. Aber wieso wird diese Reform so oft kritisiert? Woher kommt die zunehmende Ablehnung von seit dem Ende der Sechzigerjahre etablierten Postulaten, wie z. B. der Resozialisierung und der Mässigung bei der Bestrafung? Und sind wir so sicher, dass eine generelle Strafverschärfung zu (noch) mehr Sicherheit in der Schweiz führen würde? Die Erfahrung in vielen anderen Ländern zeigt gerade das Gegenteil.