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Aus der Zeitschriftforumpoenale 2/2017 | S. 65–65Es folgt Seite №65

Le lingue del diritto svizzero

Care lettrici, cari lettori,

Con questo contributo ho il piacere di inaugurare la mia attività nella rivista forumpoenale. Tra le varie caratteristiche di questa rivista che ho subito apprezzato vi è l’attenzione al pluralismo linguistico. Già il nome della rivista lo evidenzia: la latinità del nome, oltre a riecheggiare la tradizione classica, esprime la volontà di riunirsi in un foro che non privilegia nessuna delle lingue ufficiali svizzere. Certo la lingua tedesca è centrale, ma i regesti delle sentenze sono sempre in tre lingue, così fornendo una comoda chiave d’accesso ai giuristi di tutto il Paese. Ma per un giurista svizzero il fatto di curare le lingue nazionali non è solo espressione di «political correctness»: è in definitiva un obbligo professionale, visto che nessuna delle versioni linguistiche vanta priorità (art. 14 cpv. 1 LPubb; DTF 125 III 57 consid. 2b). Il nostro lavoro presuppone sempre (perlomeno implicitamente) un confronto fra di esse. È vero che di regola (e fortunatamente) le differenze sono minime, ma ciò non toglie che la giurisprudenza constati qua e là l’esistenza di divergenze (perché tradurre è «dire quasi la stessa cosa», Umberto Eco), da sciogliere secondo i consueti canoni interpretativi (v. ad es. DTF 130 V 125). Ciò vale anche nel diritto penale, come, pochi mesi dopo l’entrata in vigore del nuovo CPP, ebbe subito occasione di evidenziare il Tribunale penale federale nella sentenza TPF 2011 107, a fronte di una divergenza fra la versione tedesca/italiana e quella francese dell’art. 393 cpv. 1 lett. b CPP, laddove si esclude l’impugnabilità delle «decisioni ordinatorie» del tribunale di primo grado, non assimilabili di per sé alle decisioni «de la direction de la procédure». Per decidere quale versione sia più conforme alla ratio legis occorre un’ermeneutica multilingue (Keshelava, Der Methodenpluralismus und die ratio legis, Basilea 2012 pag. 32 e seg.), non sempre semplice, ma di cui possiamo essere fieri. Quanto sia ammirato il nostro sistema l’ho potuto constatare nel quadro di un ciclo di conferenze di linguistica giuridica organizzate dall’Università di Firenze nel 2013, dove l’esperienza svizzera, sullo sfondo della realtà normativa dell’UE, è stata percepita con vivo interesse (www.dsg.unifi.it/cmpro-v-p-235.html). Ben venga dunque il multilinguismo di forumpoenale: leggere in più lingue (e non «english only») costa un po’ fatica, ma ne vale la pena.

Die Sprachen des Schweizer Rechts

Liebe Leserinnen, liebe Leser,

Mit diesem Beitrag freue ich mich, meine Tätigkeit für forumpoenale zu eröffnen. Unter den verschiedenen Merkmalen dieser Zeitschrift, die ich immer geschätzt habe, gibt es die Pflege der Mehrsprachigkeit. Dies ist schon bei ihrem Namen ersichtlich: Die lateinische Wortwahl nimmt Bezug auf die klassische Rechtstradition und zeigt zugleich den Willen, sich in einem Forum zu begegnen, wo keine Amtssprache privilegiert wird. Die deutsche Sprache hat zwar eine zentrale Bedeutung, aber die Regesten sind immer dreisprachig und liefern somit allen einen ersten, praktischen Zugang zum Inhalt der besprochenen Urteile. Die Pflege der Amtssprachen ist dabei für einen Schweizer Juristen nicht schlicht Ausdruck von «political correctness»: Schlussendlich geht es um eine Berufspflicht, weil alle Gesetzesversionen gleichwertig sind (Art. 14 Abs. 1 PublG; BGE 125 III 57 E. 2b). Unsere Arbeit setzt immer (mindestens implizit) eine Auseinandersetzung mit den verschiedenen Versionen des Gesetzes voraus. Zwar (und zum Glück) sind die Unterschiede in der Regel minimal, aber die Rechtsprechung stellt hie und da Abweichungen oder Nuancierungen fest (Übersetzen ist nach Umberto Eco «dire quasi la stessa cosa»), die mit den sonstigen Auslegungsmethoden zu lösen sind (s. z.B. BGE 130 V 125). Dies gilt auch im Strafrecht, wie das Bundesstrafgericht schon kurz nach Inkrafttreten der StPO im Urteil TPF 2011 107 bei der Auslegung von Art. 393 Abs. 1 Bst. b StPO festhielt: Dass die unanfechtbaren «verfahrensleitenden Entscheide» («decisioni ordinatorie») des erstinstanzlichen Gerichts nicht einfach Entscheide «de la direction de la procédure» sind, ist naheliegend. Um in diesem komplexen Umfeld die ratio legis zu eruieren, ist eine mehrsprachige Hermeneutik erforderlich (Keshelava, Der Methodenpluralismus und die ratio legis, Basel 2012 S. 32 f.), die zwar nicht immer einfach ist, aber worauf wir stolz sein können. Wie unser System bewundert wird, konnte ich im Rahmen eines im Jahre 2013 an der Universität von Florenz organisierten Weiterbildungskurses über die rechtliche Linguistik feststellen, wo die schweizerische Erfahrung aus dem Blickwinkel der EU-Realität auf grosses Interesse gestossen ist (www.dsg.unifi.it/cmpro-v-p-235.html). «Ben venga dunque il multilinguismo di forumpoenale»: Texte in mehreren Sprachen (und nicht «English only») lesen zu müssen, ist zwar aufwendiger, aber es lohnt sich.

Roy Garré